Punto di non ritorno

Di solito scrivo per creare un qualcosa, approfondire un tema far riflettere su una idea, stasera scrivo solo per lo stesso motivo per cui ho iniziato a scrivere, perché non ho nessuno qui con cui parlare e non so con chi parlare di quello che mi tormenta. E un blog dove so che non mi segue nessuno è davvero l'unico posto in cui potrei denudarmi e dire ciò che mi rode l'anima giorno dopo giorno, che mi fa vivere male? Che tristezza che sento. Che morte dell'orgoglio e dei sogni che vivo. Che dolore provo.
Non c'è altra persona a cui potrei parlare, confessarmi, chiedere aiuto? Sì  ci sono state diverse persone che erano interessate alla mia vita.
Alcune non sapevano capirmi e mi davano consigli su come avrebbero fatto loro al posto mio, peccato che al posto mio vi sia Io. Altre mi passano vicino ma fanno finta di niente, non vogliono avere a che fare con grane altrui. Altre persone preoccupate mi stavano a sentire, mi coccolavano e mi volevano bene. Le ho allontanate. Mi chiedete perché, non lo so. Semplicemente ora sono andate. Perse in ciò che è stato e non torna. Altre ce ne sarebbero con cui parlare ora, ma so che anche a parlarci insieme questa malattia che si chiama solitudine non mi passerebbe.
E allora tuffiamoci nell'amore, ubriachiamoci d'amore, per non vedere il domani, il domani a cui bisogna saper dare risposte. Ma anche all'Amore ho mentito, non è quel colpo di dadi che risolve la sorte. L'amore è sopravvalutato non risolve tutto, la morte invece sì. E' per quello che stasera vorrei infilare la testa in un cappio e lasciarmi cadere. Non vedo nulla nel mio domani sennò l'incertezza nera del futuro, e la certezza delle mie debolezze e delle mie paralisi. Eppure amo troppo vivere, davvero non riuscirei mai a suicidarmi anche se ne avessi tutte le ragioni. Mi meraviglio per il volo d'un passero pensa se non amo abbastanza la vita. Eppure dentro son consumato, mi sento davvero il figlio bastardo del secolo scorso. Nato alla fine di un epoca e nell'iniziare di una nuova, cresciuto mentre tutto stava tramontando e mentre altrove il sole testardo sorgeva. Corroso dalla tabe letteraria di Gozzano e D'Annunzio, sono l'inetto novecentesco per antonomasia, l'indolente, lo zingaro gentile e principesco che ama il mondo eppure se ne sente ripudiato. Ho letto troppo e amato troppo ciò che leggevo per non restarne infetto.
Ho perso l'occasione d'amare una vita semplice ignorando tutto ciò che amo e che mi rende diverso. Non trovo stimoli nel mio lavoro, non trovo stimoli nel costruirmi la tomba, trovo stimoli nel vivere nel conoscere le persone speciali che incrocio, trovo stimoli nel vivere a fondo ogni situazione, nel sentire sentire e sentire, trovo stimoli nell'amare e nell'essere amato. Mi piace ascoltare nuove canzoni da amare, mi piace scoprire cose nuove, m'innamoro della Vita ad ogni passo e ne vorrei sempre di più, ma non la vita del traffico delle sei di sera, non la vita del pagare tasse e rate, non la vita dei lavori insoddisfatti e male retribuiti, non la vita dove senti amarezza per quello che non c'è, ma la Vita piena di Vita vera di Anima e Corpo.
E' quando t'accorgi che l'azione non è sorella del sogno, come vide Baudelaire tempo fa, che senti un qualcosa rompersi dentro. Ecco come nasce un artista, ecco come nasce un uomo morto, se poi è bravo a far qualcosa e fortunato, finisce in qualche libro o manuale e finirà per infettare qualcun'altro un bel domani.

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